“Durante questa settimana la cosa che più mi è piaciuta è stata condividere ogni momento della giornata con i ragazzi italiani. Ho capito che fare le cose insieme agli altri ed insieme a chi mi vuole bene mi dà forza e non mi fa sentire sola”.
Sono le dieci di sera di venerdì 12 febbraio ed Agnes rompe il silenzio che regna nella palestra della scuola Llisach, di Santpedor, in cui ci siamo ritrovati tutti, insegnanti, alunni e genitori, per i grandi saluti prima del ritorno a Bologna. Guardandoci negli occhi e con grande curiosità Carlos, uno dei professori de La Gleva, ci chiede che cosa abbiamo imparato dall’esperienza dello scambio culturale tra il
Liceo Malpighi e le scuole
Mar de Déu de la Gleva e
LLisach di Santpedor o semplicemente cosa ci piacerebbe raccontare di questi giorni trascorsi insieme.
“Io, di solito, penso sempre a me stesso, non mi occupo molto degli altri, e invece, questa settimana, mi sono chiesto spesso se la ragazza che stavo ospitando a casa mia si sentisse a suo agio, se fosse contenta e se si trovasse bene a casa mia. Ogni mattina mi alzavo e mi preoccupavo di prepararle el desayuno (la colazione)”.
Giacomo, un ragazzo italo-spagnolo, dà così il suo contributo.
Lui, che si crede il tipico adolescente menefreghista e autoreferenziale, dichiara di essere rimasto colpito dal fatto che si sia chiesto per sette giorni, ogni mattina, cosa preparare a colazione alla sua corrispondente italiana e non perché la colazione in Spagna sia così tanto diversa da quella italiana da far sentire Benedetta a disagio – in realtà ci siamo innamorati del loro pan tostado con tomate!-, ma perché voleva solo che la sua amica stesse bene, che iniziasse il giorno con allegria e col buonumore.
Dopo aver sentito le parole di Giacomo sorrido e lo ammetto… un po' mi commuovo.
Cominciano i canti, i ragazzi ridono, battono le mani e chi ne ha voglia intona qualche nota.
Iniziano i saluti, partono gli abbracci, si scattano foto di gruppo, scende qualche lacrima sul viso di alcune ragazze –anche delle dure, le “insospettabili”-, i genitori e le famiglie mi fermano per dirmi quanto i miei alunni siano carini e disponibili e che gli mancheranno. E’ l’ora dell’ultimo avviso: appuntamento alle ore 9 del giorno seguente in aeroporto a Barcellona.
Quella stessa sera, mentre torno a casa a piedi con Cecilia
(prof.ssa Bassani - n.d.r.) noto uno strano silenzio tra di noi. Sembra che entrambe siamo molto pensierose.
Io, in effetti, continuo a riflettere su quello che ha detto Giacomo: l’aneddoto della colazione, per quanto semplice e forse per alcuni banale, continua a rimbalzarmi in testa. Le sue parole mi fanno riflettere su una cosa che a volte mi sfugge perché troppo presa da preoccupazioni e pensieri: la bellezza di prendersi cura degli altri, di preoccuparsi che gli altri stiano bene insieme a noi, che non si sentano soli e che, al contrario, percepiscano quanto ci teniamo alla loro felicità e al loro benessere.
Questo pensiero mi accompagna anche il lunedì mattina quando torno in tutte le mie classi che non vedo da sette giorni.
Ripenso a quelle parole perché forse ciascuno di noi, in ogni momento della giornata, si sente spesso “sopraffatto” dalla quantità di cose da fare, dal lavoro, dalle consegne, dagli appuntamenti e da tutta la quotidianità e magari, con presunzione, ci si sente un po' il centro di tutto e ci si dimentica quanto sia importante la felicità delle persone che ci stanno accanto e che rendono la nostra vita unica.
Ecco, quelle parole mi fanno ricordare che condividere è prezioso.
Potrei raccontare tantissime cose dello scambio culturale che abbiamo organizzato per mesi e mesi, potrei dire della scarpinata in montagna affrontata con tutti gli alunni a ritmo di musica italiana e spagnola per arrivare in cima e vedere un meraviglioso monastero medievale la cui atmosfera mistica ci ha ripagati della fatica della salita, o ancora delle visite culturali a Barcellona alla scoperta della maestosità di Gaudì, della storia nascosta nel barrio gotico e della imponenza mistica ed architettonica della Sagrada Familia.
Forse potrei scrivere delle lezioni a cui abbiamo assistito, delle cose che abbiamo imparato, della soddisfazione grande di vedere i miei alunni cimentarsi con ottimi risultati con la lingua spagnola, o ancora di tutte le cose belle che abbiamo visitato, visto e sentito.
Eppure quello che mi riempie il cuore ancora oggi, ad una decina di giorni dal ritorno a Bologna, è altro. Sono i visi dei miei alunni ridere ed entusiasmarsi per una lezione di botanica in cui hanno aiutato a piantare semi, fiori e piante per contribuire a far crescere un bel giardino nella scuola che ci ha ospitato, è l’allegria delle ragazze che hanno aiutato le alunne spagnole a cucinare delle crepes da vendere ai compagni di scuola alla fine delle lezioni per racimolare qualche spicciolo per finanziare il loro viaggio in Italia. Sono gli sguardi che avevo attorno e con me il giorno del mio compleanno e che attendevano con ansia la mia emozione mentre spacchettavo il regalo che mi avevano portato dall’Italia, sono gli abbracci delle ragazzine spagnole che con le lacrime agli occhi mi salutano in aeroporto e mi ricordano che mancano più o meno 60 giorni per rivedersi in Italia.
Ripenso al sorriso dei colleghi spagnoli e alla loro voglia di chiacchierare, conoscersi, condividere a cena le nostre vite, la voglia di fare progetti insieme, scambiarsi consigli e suggerimenti. Mi risuonano le voci dei bambini meravigliosi della collega spagnola che ha ospitato me e Cecilia e che ci ha accolte come se ci conoscessimo da sempre e che si è preoccupata di farmi spegnere le candeline il giorno del mio compleanno.
Ripenso alla cena finale: settanta ragazzi nel cortile della scuola che parlano in spagnolo e che condividono abbracci, canzoni, risate ed esperienze. C’è chi si occupa di aiutare i professori, Josep Maria e Carlos, con il barbeque e la cottura della butifarra, ci sono alunne che mi raccontano della loro vita ed io alcuni episodi della mia mentre prepariamo gli antipasti e porzioniamo il dolce.
C’è chi organizza una partita di calcetto in cui la prof.ssa Bassani sfoggia grandi qualità calcistiche – o almeno così mi riferiscono! -, c’è chi, dentro la palestra, sta apparecchiando due tavolate immense per settanta persone.
C’è la stanchezza di una settimana intensa che non macchia però in alcun modo il desiderio di esserci e di essere lì in quel momento tutti insieme.
E allora penso che se condivisa anche la fatica è bella, che proprio come dice Agnes fare le cose insieme non ci fa sentire soli.
Che la fatica dell’organizzazione dello scambio è ripagata da quello che vedo e dallo stupore dei miei alunni italiani che si sono sentiti accolti in una grande famiglia che si è presa cura di loro in ogni momento della settimana accompagnandoli sempre.
Un’amica dalla Sicilia mi scrive che è un peccato che sia sola il giorno del mio compleanno e lontana da casa.
Sorrido e penso che é stato un compleanno meraviglioso, trascorso con degli alunni che mi hanno regalato un ciondolino che dice
“Gracias, Danke, Thank you, Merci, Obrigado, Grazie” e che vorrei dire io a loro GRAZIE perché abbiamo condiviso un’esperienza che mi ha arricchita e che spero li abbia arricchitti.
No, non mi sono sentita sola il 10 febbraio.
Mi sono sentita a casa.
E credo che questo sia il regalo più grande di questo scambio culturale: regalarsi del tempo insieme.
Teresa Ciantia, docente di Spagnolo